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Da Asmara a Lampedusa, la storia eritrea di Yoannes

Da Asmara a

Libia. La traversata dei dannati in fuga da dittature e torture

Libia. La traversata dei dannati in fuga da dittature e torture

Quasi la metà dei migranti che ten­tano di attra­ver­sare il Medi­ter­ra­neo sono rifu­giati. Secondo i dati for­niti da Fron­tex, siriani ed eri­trei sono il 46% dei 170 mila migranti che hanno rag­giunto l’Italia via mare nel 2014. I governi euro­pei hanno offerto pochi per­messi di sog­giorno per motivi uma­ni­tari per que­sti rifu­giati che hanno affron­tato con­di­zioni di vita a dir poco disu­mane in Libano, Gior­da­nia e Tur­chia nel caso dei siriani, in Egitto, Libia e Sudan per quanto riguarda gli eri­trei. Molti di loro sono stati rapiti e i loro organi sono diven­tati merce di scam­bio per i con­trab­ban­dieri del Sinai. In Libia, paese di pas­sag­gio da cui siriani ed eri­trei ven­gono depor­tati in Europa, i pro­fu­ghi sono espo­sti ai quo­ti­diani con­flitti tra mili­zie e diven­tano oggetto di scam­bio e fonte di red­dito certo.

Mesi di com­bat­ti­menti tra mili­ziani di Misu­rata e mili­tari di Kha­lifa Haf­tar hanno messo a tap­peto il già povero sistema assi­sten­ziale libico: scuole, ospe­dali, aero­porti e strade sono spesso impra­ti­ca­bili, men­tre medi­cine, ben­zina, elet­tri­cità, acqua e cibo scar­seg­giano. Nel vuoto di potere e nell’arbitrarietà delle leggi, i con­trab­ban­dieri hanno com­messo seque­stri di dispe­rati per richie­dere riscatti alle fami­glie nei paesi di ori­gine, qual­siasi tipo di abuso di diritti umani, assalti fisici, tor­ture, deten­zioni for­zate, abusi ses­suali, hanno costretto molti di que­sti gio­vani, spesso mino­renni, a lavori for­zati. Molti cri­stiani copti egi­ziani, eri­trei ed etiopi hanno subito ucci­sioni som­ma­rie soprat­tutto per mano dei con­trab­ban­dieri libici.

Seb­bene molti dei paesi di ori­gine hanno chie­sto ai loro con­na­zio­nali di lasciare la Libia, il pre­si­dente eri­treo — tanto per fare un nome — Isa­ias Afwerki, che impone un ser­vi­zio mili­tare illi­mi­tato ed obbli­ga­to­rio sia per gli uomini sia per le donne, non ha mosso un dito per richie­dere il ritorno in patria dei suoi con­na­zio­nali. Nel caso que­sti eri­trei deci­des­sero di per­cor­rere al con­tra­rio la strada che li ha por­tati verso la Libia sareb­bero, dopo tor­ture e abusi, arre­stati per diserzione.

Abbiamo rac­colto la testi­mo­nianza di Yoan­nes, 23 anni, arri­vato in Sici­lia da Asmara attra­verso la Libia a bordo di un bar­cone. «È stato uno dei viaggi più peri­co­losi della mia vita. Ero su un gom­mone con una bam­bina di 3 mesi e trenta viag­gia­tori», ini­zia il gio­vane eri­treo. «La mia barca è arri­vata all’alba del 21 aprile a Lam­pe­dusa. Dei pesca­tori ci hanno visti e ci hanno aiu­tato ad attrac­care», pro­se­gue il gio­vane. Arri­vati a terra, incre­duli, i gio­vani eri­trei sono stati accer­chiati dalla poli­zia ita­liana. «Ci hanno fatti salire su un fur­gone: “Va al campo”, dice­vano i poli­ziotti. Uno per uno abbiamo rac­con­tato la nostra sto­ria. Alla fine ci hanno dato del cibo, erano tre giorni che non man­gia­vamo». I gio­vani sono stati siste­mati in un cen­tro, pie­nis­simo di altri migranti. «Mi sono addor­men­tato subito, ma la mat­tina ci aspet­tava un aereo. Ci hanno chia­mati uno per uno con il nostro nome e il nostro cognome. Il volo era diretto al Cen­tro di iden­ti­fi­ca­zione ed espul­sione (Cie) di Cro­tone», prosegue.

È qui che Yoan­nes ha incon­trato un gruppo di amici, meno for­tu­nati di lui, che si erano imbar­cati su un affol­la­tis­simo bar­cone dal porto libico di Sebrata. «Siamo rima­sti a largo per tre giorni, abbiamo finito cibo ed acqua. Il coman­dante era sem­pre ner­voso e forse ubriaco, ci costrin­geva a restare sot­to­co­perta, sti­pati. Alcuni tra noi hanno ini­ziato a masti­care pla­stica e den­ti­fri­cio», gli ha rac­con­tato Ahme­din. «Delle decine di viag­gia­tori 18 per­sone non ce l’hanno fatta, ma non c’è trac­cia dei loro corpi», ha poi rive­lato il gio­vane alla poli­zia di Crotone.

Yoan­nes è stato scon­volto dalla noti­zia, alcuni degli uomini e delle donne, imbar­cate sul quel bar­cone, veni­vano dal suo stesso vil­lag­gio. «Abbiamo attra­ver­sato insieme ad Ahme­din il con­fine tra Eri­trea ed Etio­pia in un viag­gio che è durato set­ti­mane fino al Sudan», ci spiega il gio­vane. Ma il momento più fune­sto di que­sto viag­gio epico lo hanno affron­tato il Libia. «Qui uomini armati ci hanno costretti a stare per tre mesi in una pri­gione. C’erano con noi siriani, somali, ma anche afri­cani dal Mali e dal Niger, che veni­vano trat­tati anche peg­gio di noi», rivela.

A quel punto Yoan­nes è riu­scito a svi­gnar­sela e a salire su uno dei bar­coni in par­tenza gra­zie ai risparmi, gua­da­gnati ad Asmara o ai doni dei suoi fra­telli, suo padre, pesca­tore nel porto di Mas­sawa, è morto pochi anni prima che Yoan­nes finisse la scuola. «Sono riu­scito a salire su una delle bar­che meno affol­late per­ché ho pagato quasi 3 mila euro, non tutti pos­sono per­met­tersi un biglietto così caro», iro­nizza il giovane.

Eppure è ora incorso in un altro dramma, la poli­zia ita­liana ha preso le sue impronte digi­tali e quindi per il Trat­tato di Dublino, non potrà lasciare l’Italia. Ma da «dan­nato ragio­ne­vole», Yoan­nes non si arrende di certo.

http://ilmanifesto.info/da-asmara-a-lampedusa-la-storia-eritrea-di-yoannes/

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